Storia del Cinema #26 – Hollywood negli anni 90 e 2000

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La fine della guerra fredda porta con sè un desiderio di cambiamento. Molti dei giovani contestatori della fine degli anni 60, negli anni 90 sono intellettuali, professori, artisti.

Aumenta l’interesse per l’ecologia, il pacifismo, le discriminazioni etniche e sessuali e la diffidenza verso le multinazionali. Salgono alla ribalta settori sociali prima esclusi dal cinema americano come donne, neri e omosessuali.

Hollywood coglie le esigenze di questo pubblico sia con film di produzione indipendente sia con pellicole per spettatori più tradizionali. Si torna così a un cinema impegnato in temi seri come PHILADELPHIA e SCHINDLER’S LIST ma anche nelle denunce del disagio giovanile in TRAINSPOTTING (1996).

Trovano spazio tematiche politiche come quelle sulla pena di morte con DEAD MAN WALKING (1995), sulla crisi della famiglia, AMERICAN BEAUTY (1999), sul potere alienante della tv, THE TRUMAN SHOW (1998) e sul razzismo, AMERICAN HISTORY X (1998). Film con investimenti minimi diventano successi clamorosi come ad esempio THE BLAIR WITCH PROJECT (1999) e CLERKS (1994).

Gli attori che emergono in questo periodo sono innumerevoli: Tom Hanks, Nicole Kidman, Jodie Foster, Jim Carrey, Winona Ryder, Tommy Lee Jones, Robin Williams, Leonardo DiCaprio, Nicolas Cage, Keanu Reeves, Will Smith, Denzel Washington, Johnny Depp, Matt Damon, Kevin Spacey, Gwyneth Paltrow, Kate Winslet, Daniel Day-Lewis, Edward Norton e chi più ne ha più ne metta.

In questi anni nascono case di produzione indipendenti come la Miramax, la New Line Cinema, la DreamWorks e la Pixar Animation che esordisce nel 1995 con TOY STORY. Contemporaneamente si consolidano ancora di più le Majors, le Big Six: La Warner Bros, La Paramount Pictures, La Columbia Pictures, la 20th Century-Fox, la Universal Studios e la Walt Disney.

Emergono anche autori con uno stile proprio come GUS VAN SANT, regista i cui film sono spesso basati su giovani emarginati, come WILL HUNTING (1997) ed ELEPHANT (2003). Tra gli altri egli dirige anche un remake di PSYCHO (1998).

Non si può non citare DAVID LYNCH, il cui stile onirico influenza ancora oggi molte serie tv e infatti è proprio con una serie tv che raggiunge la fama, parlo ovviamente di TWIN PEAKS (1990).

Come abbiamo visto TIM BURTON raggiunge il successo nel 1989 con BATMAN per realizzare poi film più personali e permeati sempre dal suo distintivo tono favolistico come EDWARD MANI DI FORBICE (1990) e il meraviglioso BIG FISH (2003).

Ed è proprio grazie al Batman di Tim Burton che i film di supereroi si affermano in questi anni, anche grazie ai sequel BATMAN – IL RITORNO (1992) e BATMAN FOREVER (1995), ma il flop BATMAN E ROBIN (1997) segna la crisi del genere, che si riprenderà solo all’inizio degli anni 2000 con X-MEN e lo SPIDER MAN di SAM RAIMI.

Cito anche il black humor dei fratelli JOEL e ETHAN COEN con ARIZONA JUNIOR (1987), FARGO (1996), IL GRANDE LEBOWSKI (1998), L’UOMO CHE NON C’ERA (2001).

Non voglio dimenticare nemmeno BAZ LUHRMANN e la sua trilogia del sipario formata da BALLROOM (1992), il bellissimo ROMEO + GIULIETTA (1996) che rilegge in chiave moderna il racconto di Shakspeare, dove le spade diventano pistole e MOULIN ROUGE! (2001).

Nei suoi film la realtà perde ogni concretezza, egli dimostra di saper mischiare con maestria varie influenze del cinema, da Hong Kong fino a Sergio Leone passando per il montaggio veloce tipico dei video di Mtv di quegli anni.

E vogliamo parlare anche di uno dei miei registi preferiti? QUENTIN TARANTINO? Amante come me degli spaghetti western che vengono citati tantissimo nei suoi film, pieni di violenza pulp e dialoghi infiniti.

da LE IENE (1992) a PULP FICTION (1994), passando per KILL BILL VOL 1 e 2 che richiama tanto il genere western, JACKIE BROWN (1997), GRINDHOUSE che secondo me è un po’ sottovalutato, fino ad arrivare agli ultimi BASTARDI SENZA GLORIA, DJANGO UNCHAINED e THE HATEFUL EIGHT.

CLINT EASTWOOD è un altro dei miei registi preferiti, legato a doppio filo alla mia passione per gli spaghetti western. Lanciato come attore da Sergio Leone, omaggerà il regista col suo GLI SPIETATI (1992). Cito poi a titolo di esempio I PONTI DI MADISON COUNTY (1995), MYSTIC RIVER (2003), MILLION DOLLAR BABY (2004), FLAGS OF OUR FATHERS e LETTERE DA IWO JIMA (2006), GRAN TORINO (2008).

Citando Clint Eastwood non si può non pensare al genere WESTERN, la cui produzione era crollata negli anni 70 e non si riprenderà più, tuttavia negli anni ’90 si ricordano alcuni grandi film come BALLA COI LUPI (1990) di KEVIN COSTNER, pellicola che si schiera dalla parte degli indiani.

Non mancano film NOIR come L.A. CONFIDENTIAL (1997) e MULHOLLAND DRIVE del già citato DAVID LINCH (2001).
 Nella COMMEDIA sentimentale la donna viene ora messa sullo stesso piano dell’uomo, pensiamo al bellissimo HARRY TI PRESENTO SALLY (1989).

Tra i THRILLER ricordo INSOMNIA (2002) di CHRISTOPHER NOLAN e IL TALENTO DI MR RIPLEY (1999), MISERY NON DEVE MORIRE (1990) o IL SILENZIO DEGLI INNOCENTI (1991).

Quest’ultimo tratta la TEMATICA OMOSESSUALE che a lungo era stata vietata da Hollywood. Nel passato vi si doveva alludere in modo indiretto, col tempo invece questo tipi di film si consolida, anche nel cinema commerciale, pensiamo a PHILADELPHIA (1993).

Gli anni 90 segnano anche l’affermazione del RUOLO FEMMINILE sia come regista che come attrice protagonista, cosa che era già stata anticipata in alcuni film come ALIEN (1979) dove abbiamo come protagonista il tenente Elen Ripley.

Ricordiamo THELMA E LOUISE di RIDLEY SCOTT (1991) e FRIDA (2002) film sulla pittrice messicana Frida Kahlo. Come registe ricordiamo ad esempio SOFIA COPPOLA col suo LOST IN TRANSLATION (2003) e KATHRYN BIGELOW che dirige POINT BREAK (1991) e altri film come THE HURT LOCKER (2010) e ZERO DARK THIRTY (2012).

Negli anni ’90 si rafforza anche una generazione di registi di colore che critica il razzismo persistente nonostante l’abrogazione delle leggi segregazioniste. Il più conosciuto fra questi è SPIKE LEE, del quale ricordo FA LA COSA GIUSTA (1989) e MALCOLM X (1992). Ma non solo registi di colore, pensiamo a IL COLORE VIOLA di SPIELBERG (1995) e GLORY di EDWARD ZWICK (1989).

Parallelamente si afferma una nuova generazione di attori di colore che oggi tutti conosciamo: Denzel Washington, Will Smith, Whoopi Goldberg, Wesley Snipes, Samuel Jackson, Jamie Foxx, Morgan Freeman, Halle Berry etc etc.

L’avvento del digitale surclassa la pellicola, si passa dalla carrellata di INTOLERANCE al volo digitale ne IL GLADIATORE. La grafica computerizzata si mostra in tutto il suo splendore, prima con TERMINATOR 2 poi con JURASSIC PARK fino a TITANIC, tanto da arrivare in alcuni casi come INDIPENDENCE DAY, a rubare la scena alla storia.

Di CGI è pieno zeppo anche STARSHIP TROPPERS (1997) scritto da EDWARD NEUMEIER, lo stesso sceneggiatore di ROBOCOP, film che contiene la stessa satira della pellicola del 1987 di Paul Verhonen.

La Disney, dopo un periodo di crisi negli anni ottanta, si risolleva con LA BELLA E LA BESTIA, ALADDIN, IL RE LEONE, HERCULES, TARZAN etc.

E arriviamo così agli anni 2000. L’11 settembre 2001 l’attacco terrorista alle Torri Gemelle a New York porta gli Stati Uniti a iniziare una guerra in Afghanistan che nel 2003 si estende anche in Iraq.

Con un mondo precipitato di un nuovo in un clima di paura, soprattutto a causa del terrorismo, tornano popolari le idee conservatrici. Il pubblico chiede di nuovo film che non facciano pensare.

Hollywood allora investe nei blockbuster colmi di azione e di effetti speciali. Le case di produzione indipendenti che erano proliferate negli anni 90 vengono ora assorbite dalle majors hollywoodiane.

Il cinema statunitense domina il mercato occidentale. Tra i più grandi sold out del botteghino ricordiamo IO SONO LEGGENDA, IL GLADIATORE, IL SIGNORE DEGLI ANELLI, SHREK, HARRY POTTER, PIRATI DEI CARAIBI, IL CAVALIERE OSCURO e AVATAR che è il film col maggiore incasso nella storia del cinema.

Gli anni 2000 sono anche gli anni del ritorno della realtà sotto la forma del documentario, per la prima volta i documentari trovano spazio sul grande schermo. Dopo l’11 settembre la realtà appare più drammatica di qualsiasi invenzione.

Pensiamo a FAHRENHEIT 9/11 (2004) o a ZIDANE UN RITRATTO DEL 21° SECOLO (2006). Lo stile del documentario, fatto di immagini più vicine alla realtà e meno patinate, sarà accolto anche dal cinema di finzione.

Certamente anche in questi anni non mancano film impegnati, come REQUIEM FOR A DREAM (2000), FRIDA (2002), THE HOURS (2002), 21 GRAMMI di ALEJANDRO INARRITU (2003) V PER VENDETTA (2006), INTO THE WILD di SEAN PENN (2007) e altri ancora.

Si sviluppa anche il genere dell’ACTION THRILLER con film come THE BOURNE IDENTITY (2002) e FUORI IN 60 SECONDI (2000), ma non mancano nemmeno THRILLER classici come IN LINEA CON L’ASSASSINO di JOEL SCHUMACHER (2002) e COLLATERAL (2004).

Con I SOLITI SOSPETTI (1995), SLEVIN (2006) e INSIDE MAN (2006) si inaugura poi un filone dove il personaggio “buono” si scopre alla fine essere quello “cattivo”. Altri film riprendono pellicole come Rapina a mano armata di Kubrick (1956) che mettono al centro il colpo grosso di una banda. Pensiamo a OCEAN’S ELEVEN (2001) e THE ITALIAN JOB (2003).

Il CINEMA ASIATICO continua ad ottenere sempre più consensi internazionali. Il cinema cinese realizza sia opere ad alto budget come LA FORESTA DEI PUGNALI VOLANTI (2004) sia film più introspettivi. Il cinema sudcoreano si fa conoscere grazie a OLD BOY di PARK CHAN WOOK (2003). Dello stesso anno anche il bellissimo MEMORIES OF MURDER di BONG JOON HO.

Tuttavia è Il cinema giapponese quello che continua ad essere il più celebre a livello internazionale, soprattutto nell’animazione, pensiamo a LA CITTA’ INCANTATA di MIYAZAKI (2002), che vince l’oscar per il miglior film d’animazione.

Per quanto riguarda l’Europa non vanno dimenticati registi come ROMAN POLANSKI, PEDRO ALMODOVAR, LARS VON TRIER (LA HAINE) e JEAN PIERRE JEUNET col suo IL FAVOLOSO MONDO DI AMELIE.

O ancora il cinema tedesco, che si concentra in particolare sulla vita nella Repubblica democratica tedesca, con pellicole come GOOD BYE LENIN! e LE VITE DEGLI ALTRI che vince l’Oscar per il miglior film straniero nel 2006.

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